Fino a pochi anni fa per me la Romagna era solo terra di conquiste, locali notturni, tandem, piadine con lo squacquerone e fiumi di birra con gli amici.
A me e a quel manipolo di giovani e spassosi balordi poco importava del mare (che diciamocelo pure, manco è un granché), lo guardavamo semplicemente nelle cartoline che mandavamo ad amici e parenti. Vivevamo quella terra di notte, come
vampiri assetati solo di divertimenti sfrenati e la luce del sole la vedevamo soltanto all’alba, all’uscita delle discoteche.
Quegli anni sono lontani e oggi scrive un uomo diverso e cresciuto, che quella Regione la guarda fortunatamente anche da un’altra prospettiva.
Questa riflessione nasce da una conversazione intercorsa pochi giorni fa su un social network, relativa alla precisazione sulla denominazione “Romagna Sangiovese” e non, come erroneamente ancora si dice, “Sangiovese di Romagna”.
La Romagna del vino è sempre stata terra di quantità, di prodotti dozzinali ed industriali, ma da qualche anno,e per fortuna, questa zona sta rinascendo a nuova vita, animata da una schiera di giovani vignaioli che con impegno danno risalto ad una denominazione ancora un po’ schiacciata dalle cooperative.
Da molti ancora oggi è associata esclusivamente a lambrusco di basso profilo (quando al contrario ci sono Lambrusco pregevolissimi!) e a vini da brick, ma grazie al lavoro di distinzione tra pianura e collina, con relative diverse produzioni, i distinguo cominciano ad essere determinanti.
In seguito alla zonazione delle colline Romagnole avvenuta tra il 2007 e il 2009, dal 2011 sono nate 12 sottozone con relativo disciplinare, assai più ristrettivo rispetto a quello del Romagna Superiore.
Ho chiesto a Elisa Mazzavillani, dell’Azienda Agricola Marta Valpiani, di chiarirci la sua posizione a riguardo. Esordisce dicendo che “oggi, fare una distinzione tra una menzione geografica aggiuntiva ed un’altra, valutando quale sia più vocata, è ancora troppo presto” e prosegue “a me basterebbe solo parlare di Romagna ‘collina’, ma già parlare di Castrocaro e di Brisighella è un bel passo avanti.”
Quali sono le cose da migliorare secondo te?
“Sicuramente la sovrapposizione dei disciplinari non aiuta. Ne esistono due: uno per il Romagna Sangiovese doc superiore e riserva e uno per il Romagna Sangiovese MGA e questo crea non poca confusione. Anche l’idea di Romagna Sangiovese riserva è di stampo vecchio, molto estrattiva e molto legnosa, dobbiamo cercare di lavorare per migliorare questi due punti. Per il momento mi sto concentrando su quello che fa felice me e chi beve il mio vino. Le mie scelte sono abbastanza combattute, perché sono frutto di un contrasto, da una parte il disciplinare del superiore non mi piace affatto per come è ora, dall’altra non posso abbandonarlo definitivamente, perché per i clienti romagnoli è un quid.”
Quali sono i punti da rivedere del disciplinare Romagna Sangiovese?
“Per prima cosa i 10 gr/l di zuccheri residui consentiti, proseguendo con l’arricchimento concesso al max 1% vol. Non c’è inoltre alcuna restrizione per quanto riguarda l’imbottigliamento, le rese consentite continuano ad essere troppo alte (105q.li/ha), per concludere con l’obbligo del sughero nella riserva.”
MGA | NON MGA |
SANGIOVESE 95% | SANGIOVESE 85% |
NUOVI IMPIANTI 4.000 CEPPI PER HA | 3.700 |
PRODUZIONE PER HA: MGA 90 Q.LI, MGA RISERVA 80 Q.LI | 105 Q.LI SUPERIORE |
IMBOTTIGLIAMENTO NELLA ZONA DI VINIFICAZIONE | NESSUNA RESTRIZIONE |
PRODUZIONE LITRO/HA MGA 5.850 MGA RISERVA 5.200 | 7.800 |
ARRICCHIMENTO VIETATO | CONCESSO AL MAX 1% VOL. |
MGA 1’ SETTEMBRE ANNO SUCC ALLA VENDEMMIA MGA RISERVA 1’ SETTEMBRE DEL 3’ ANNO DI RACCOLTA, 6 MESI AFFINAMENTO IN BOTTIGLIA DOCUMENTABILE | SUPERIORE: 1’ APRILE ANNO SUCCESSIVO ALLA VENDEMMIA RISERVA: 24 MESI A DECORRERE DAL 1’ DICEMBRE ANNO DI RACCOLTA |
MGA 12,5% VOL 4 GR/L ZUCCHERI RESIDUI ACIDITA’ TOT 4,5 ESTRATTO 24 MGA RISERVA 13% VOL 4 GR/L ZUCCHERI RESIDUI ACIDITA’ TOT 4,5 ESTRATTO 26 |
SUPERIORE 12,5% VOL 10 GR/L ZUCCHERI RESIDUI ACIDITA’ TOT 4,5 ESTRATTO 24 RISERVA 13% VOL 10 GR/L ZUCCHERI RESIDUI ACIDITA’ TOT 4,5 ESTRATTO 26 |
Come vedi in un futuro prossimo la Romagna del vino?
“Ci sono tante incognite. Personalmente sono molto propositiva e sto facendo degli investimenti importanti. Un fattore positivo è sicuramente la collaborazione tra le cantine private, cosa che è sempre mancata in passato. Unico neo che potrebbe frenare i buoni propositi è uno studio che dimostra che produrre vino in collina è antieconomico.Tuttavia se sono riuscita a vendere tutta l’albana con il tappo a vite è possibile ogni cosa.
E’ una grande soddisfazione aver creduto in un vitigno – l’ albana – e in un tipo di chiusura – korked – che pur snobbati da molti, stanno dando i risultati sperati.
Personalmente sono contentissima. Un collega recentemente mi ha chiesto informazioni sulla korked, perché vuole provarla e dovrei aver fatto altri proseliti. L’importante è provare e sperimentare. Il tappo a vite non è un punto di arrivo ma solo un punto di partenza, sperimentazioni come quelle relative all’uso del legno. Ogni vino, ogni annata, necessita di un tipo diverso di legno e di tempo; quest’anno farò più prove con più membrane.”
Mi piace Elisa, mi piacciono i suoi vini, ma prima di tutto ammiro la sua la tenacia, la forza e la consapevolezza di come si possa ribaltare l’approccio vitivinicolo di una zona come questa, impensabile fino a qualche anno fa.
Il movimento del vino in Romagna corre veloce, sempre più vignaioli stanno guardando alla qualità, lo stereotipo Romagna = quantità di bassa lega, almeno in collina, pare ormai superato.
In bocca al lupo ragazzi!
Credit: cartina realizzata da Alessandro Masnaghetti, Enogea.