Come nel romanzo di Dumas, in cui un ragazzo guascone parte dalla sua terra per raggiungere Parigi desideroso di entrare nella famosa compagnia dei Moschettieri di Luigi XIII, armato oltre che della sua spada, di uno straordinario talento e di doti che ne faranno un mirabile spadaccino a prescindere dalla sua umile estrazione sociale, così nelle bottiglie bevute stasera, pur tra gli autorevoli e fieri Moschettieri Porthos, Athos ed Aramis qui comparati agli champagne, è emerso quel D’Artagnan che materializzatosi nella bottiglia di Pinot Bianco rarità di Terlano ha dato prova di saper ingaggiare un duello/dialogo credibile ed avvincente.
ATHOS, Ulysse Collin bdb “Les Perrieres”
Di scuola selossiana, vinifica le proprie uve provenienti dal lieux-dits “les perrieres” in Cote de Sezanne, per una tiratura limitatissima di bottiglie. Con questo Champagne non puoi permetterti di sbagliare la temperatura di servizio, soprattutto se il degorgement è relativamente recente (Marzo 2016).
Mi è capitato di assaggiarlo anche in altre sboccature e confermo che sia un grandissimo Chardonnay, gessoso e diretto, che sa di nocciola e di panettone, con bocca vivace ed estremamente elegante. Ma basta che perda due o tre gradi di temperatura ed ecco che diventa pesante, sia al naso che in bocca, esce troppa dolcezza che prevalica tutto quello che di buono ci aveva raccontato.
Non racconto sicuramente niente di nuovo riguardo le temperature di servizio, ma ci sono alcuni vini che reggono anche qualche grado in più, non è questo il caso. Rimarco la giovane età, la sosta in bottiglia gioverà alla causa. Rimane comunque una grandissima espressione di Chardonnay al di fuori della Cote de Blanc!
PORTHOS, Marie Noelle Ledru “Cuvee de Goulte” 2010
I pinot nero della “signora” ad Ambonnay sulla Montagne de Reims, mai mi hanno deluso e mai mi deluderanno, e se provassero a farlo, non lo ammetterei nemmeno sotto tortura.
Tosto, pieno, cocciuto, dannato, deciso. Acciuga e cioccolato bianco, menta e coriandolo, sale e pepe, per un turbinio di goduria e squisitezza. Champagne che richiama una tavola imbandita e tanta voglia di stare assieme.
ARAMIS, Krug Grande Cuvee
Lo stile della maison -sulla Grande Cuvee- sta virando molto sulla piacevolezza e la beva incessante, a cospetto di matericità ed imponenza. In effetti non ha bocca ampissima, molto misurata, carbonica appena accennata che quasi non la senti, sussurra. Nemmeno lo strappo finale è da schizzare dal tavolo.
Nettissima è la nota di torrefazione, che dona piacevolezza e non stanca, per lasciare spazio ad un frutto tropicale, con una profusione di balsami a condire. Intanto che discutiamo sulla bottiglia (coperta) in questione, lei si svuota prima di tutte le altre e questo la dice lunga sull’impronta che si vuol dare a questa cuvee. Rimane l’intramontabile Krug.
D’ARTAGNAN, Terlano rarità 2004
È Sebastian Stocker, storico cantiniere di Terlano dal 1954 al 1993, il pensatore e l’ideatore della linea rarità. Questo pinot bianco della cantina Terlano sosta per 10 anni su feccia fine all’interno di cisterne d’acciaio, vede il legno solo all’inizio della propria vita per la malolattica ed il primo anno di elevage.
Roccioso e marino allo stesso tempo, susina e biancospino, bergamotto e lieve erba sfalciata, eucaliptolo. Ha una componente glicerica che fa una sorta di patina in bocca, ti avvolge il palato, è sicuramente più grasso del 2002, entra nella parte centrale e si allarga prepotentemente, di colpo, inebriando i sensi.
Messo bendato l’ho inquadrato in zona molto nota per i bianchi a livello mondiale. Ha una salinità incredibile. Con il passare dei minuti vira su pietra focaia e caminetto spento. Vino clamorosamente lungo e masticabile, non molla una virgola. Esaltante. Solenne.