Potremmo partire da 55 milioni di anni fa, quando fecero la loro comparsa i primi primati. L’albero genealogico dell’uomo è tanto complesso quanto affascinante. Homo sapiens, H.hergaster, H. erectus, Neanderthal, H.sapiens… lo sviluppo dei nostri antenati grazie alle prime parole, gli abiti creati da pelli di animali, le tecniche di caccia, l’agricoltura, la costruzione dei primi villaggi, tutto cresce, si evolve, cambia.

Ma parliamo di vino.

Provate a ripensare ai primi sorsi del nostro amato nettare, no, non quelli alle feste di compleanno in pizzeria, cercate di andare più avanti nel tempo, quando iniziavate a bere con un po’ più di cognizione.
Non dovrei sbagliarmi di molto nel pensare che, persona più o persona meno, le tipologie di vini sulle nostre tavole erano più o meno le stesse, al netto del periodo storico.

Ma poi cosa succede?

Succede che si aprono dozzine di bivi, dove migliaia di ominidi si fiondano a seconda della propria curiosità. Ci sono coloro i quali, dopo aver ricevuto il tanto agognato tastevin, si sentono come l’uomo ragno dopo aver sgominato una banda di criminali, attenzione, questi ceffi sono anche i più pericolosi, perché bevono sempre le stesse cose dozzinali, da anni, e pensano che non ci sia altro vino, catalogandolo nella fascia alta a livello mondiale.

Guardando oltre ci sono i bevitori di etichette, quelli che devono esibire una bottiglia come un trofeo, alcuni fanno a gara a chi ce l’ha più lungo. Questa cerchia di persone scriverà SEMPRE che dati vini sono buoni, mai un errore da parte del vigneron, mai un’annata storta, sempre perfetti.

Arriviamo alla frangia vinnaturista, ominidi che in parte hanno delle caratteristiche simili ai precedenti: i vini naturali sono tutti buoni, più puzzano più son buoni. Prima di far parte di questa schiera, il percorso convenzionale lo hanno passato quasi tutti.

Ed infine ecco i marchettari, ahhhh i marchettari. Quelli che per un pugno di dollari venderebbero pure l’ultima coppia di calzini rimasti dopo la devastante debacle con la lavatrice.

E quindi?

Non vorrei arrivare a parlare di me stesso, non sono mai stato autoreferenzialista, ma devo chiudere il cerchio. Negli ultimi tempi mi sono “riavvicinato” a qualche bottiglia comprata anni fa, vuoi per fare spazio in cantina, vuoi per mera curiosità. Inutile dire che se determinate bottiglie le avevo acquistate, un minimo di interesse suscitavano in me. Cavatappi in mano e bicchiere per le grandi occasioni mi accingo all’apertura e all’assaggio; non solo queste bottiglie non incontrano più il mio gusto, ma alcune, mi rendo conto, che sono fatte davvero male.

Dovremmo avere il coraggio di dire se un vino fa cagare, non stare sempre nel mezzo.

Buone cose.