Baldovino nasce nel 1998, nel quartiere di San Lorenzo, a pochi passi dal centro storico di Pistoia, come associazione culturale dedita al vino, dove si consumavano taglieri e formaggi. Da associazione divenne enoteca, e si iniziarono a proporre piatti caldi, con un filo conduttore sempre inerente al vino. I formaggi sono sempre stati al centro della scena, data la grande passione di Francesco Balloni, titolare del ristorante pistoiese. Con gli anni si inizia ad intravedere più uno stile ristorativo, ampliando le sale e acquisendo più coperti.
La composizione dei menù diveniva sempre più strutturata, prendendo con il passare del tempo sempre più le sembianze di un ristorante. Ristorante che nella zona ha rappresentato al meglio la cucina toscana, con uno sguardo alla Francia, unicità e singolarità sono aggettivi che calzano a pennello.
Alcuni cavalli di battaglia sono rimasti anche nel menù odierno, basti pensare al cervello, alle sarde e acciughe fritte, alla terrina di bollito con foie gras e fichi; ma era necessario dare una svolta, una ventata di aria fresca.
Ecco che Giulio Gurgugli, senza stravolgere quella che era l’impostazione classica del ristorante, ha dato una visione più contemporanea alla materia prima, quella stessa materia prima amata profondamente dal cuoco pistoiese, quella materia prima delle botteghe toscane.
Ma chi è Giulio Gurgugli?
Ventinovenne pistoiese, cresciuto nello stesso quartiere dove si trova Baldovino. Ha studiato all’alberghiero di Montecatini, e nell’estate lavorava tra Pistoia e la Versilia, dove inizialmente imparò tecniche ancora sconosciute per un ragazzo della sua età, ma si accorse presto che quella vita non era per niente semplice. Lavoro, lavoro e poi lavoro, poco divertimento con gli amici, dedizione massima alla cucina. Cercava degli stimoli nuovi per andare avanti, vedendo i cuochi dei ristoranti che frequentava frustrati e stanchi. Partì alla volta di Cortina nel 2009 all’Hotel Cristallo, dove iniziò a capire il rigore della brigata, la concezione dei piatti, i lati più tecnici, insomma, la gerarchia della cucina.
Tornò a Pistoia in un piccolo ristorante di pesce, ma la sua voglia di curiosare e di imparare tecniche nuove era talmente grande che non gli bastava sfilettare dei pesci, voleva viaggiare e conoscere nuove persone. Partecipando ad un evento gastronomico incontrò Gaetano Trovato, il quale gli propose un colloquio nel ristorante Arnolfo di Colle Val d’Elsa. Dopo un periodo di prova di circa un mese e mezzo, iniziò l’avventura nel bistellato toscano. Un ristorante che lo ha formato sotto molti punti di vista, un modo di vedere le cose a 360 gradi, dal rispetto della materia prima alla precisione, al concetto di economia di cucina. D’altronde la fucina di talenti che sono usciti da quel ristorante sono sotto gli occhi e la bocca di tutti: da Eugenio Boer a Matteo Lorenzini, da Alberto Sparacino a Simone Cipriani fino a Maurizio Bardotti.
Rimase per due anni a Colle Val d’Elsa -2013/2015- ma essendo tendenzialmente un curioso e non volendo adagiarsi troppo sugli allori, tornò a Lucca, in un progetto gestito dal padre di un suo caro amico:
una sorta di bistrot, dove in poche settimane riuscì
a trovare la giusta amalgama ed i clienti capirono il mood del locale, niente paillette e lustrini, molto rock n’roll. Le cose andavano a gonfie vele, ma dopo pochi mesi, Giulio, ricevette una telefonata da Giuseppe Rambaldi, storico secondo di Scabin al Combal Zero. Un ristorante dove Giulio ha sempre sognato di lavorare, quel treno per Rivoli non poteva perderlo. Mollò Lucca a malincuore e raggiunse Torino, dove ci rimase per 4 anni, fino a Febbraio 2019, quando sentì dentro di sé muovere qualcosa: era il momento di fare qualcosa di suo.
a trovare la giusta amalgama ed i clienti capirono il mood del locale, niente paillette e lustrini, molto rock n’roll. Le cose andavano a gonfie vele, ma dopo pochi mesi, Giulio, ricevette una telefonata da Giuseppe Rambaldi, storico secondo di Scabin al Combal Zero. Un ristorante dove Giulio ha sempre sognato di lavorare, quel treno per Rivoli non poteva perderlo. Mollò Lucca a malincuore e raggiunse Torino, dove ci rimase per 4 anni, fino a Febbraio 2019, quando sentì dentro di sé muovere qualcosa: era il momento di fare qualcosa di suo.
Tornò in Toscana senza la benchè minima idea di dove andare, perchè nel momento in cui decise di lasciare Rivoli, per rispetto, non si mise a cercare niente. Girò molte osterie toscane come cliente, tornando da Baldovino per mangiare i piatti di “casa sua”. Così, per caso, parlando con Francesco, quest’ultimo gli propose di fermarsi da lui in cucina, cercando di dare un tocco diverso alla carta. Doveva essere una cosa amichevole, ma per fortuna, per noi e per loro, è stato trovato un punto d’incontro ed è scoccato l’amore.
In cucina vige la condivisione di idee -questo è il mantra di Giulio- perché secondo il ragazzo Pistoiese, il tempo in cui un cuoco si chiude dentro se stesso con il proprio almanacco di ricette è finito.
Giulio lavora con il cuore, ci racconta che non legge più riviste di cucina, non guarda più programmi televisivi. Prosegue. “Il mio cervello non può ricevere troppe informazioni insieme, mi disturbano, c’è troppo di tutto. Lo studio si fa in cucina, non sulla scrivania con dei fogli davanti.”
Da Baldovino si cerca di fare una cucina golosa, l’estetica ha la sua importanza, ma qua vince il gusto.
Parte delle sue ferie di quest’anno, le passerà in cucina da Niederkofler, questo fa capire la dedizione massima al proprio lavoro, questo fa capire che esistono ancora cuochi che non pensano di essere arrivati, con una voglia matta di mettersi sempre in gioco. Si è sincerato di poter lavorare anche 15 ore al giorno, ma di voler imparare, non di stare a fare il magazziniere o pulire i fiori. Serietà.