Giorno dopo giorno metto su un tassello.
Gli errori che facevo agli inizi adesso riesco a smussarli. Ma alla fine non gli chiamerei nemmeno errori, ma leggerezze che col passare del tempo si fanno sempre più nitide. Il disegno si compone ed io cresco assieme al vino. Riesco a conoscermi di più, abbandono ogni impeto focoso e razionalizzo in modo mai pensato.
Scrivo sopra un divanetto sul terrazzo all’ una di notte passate, con un bicchiere di limoncello in mano, dopo una cena con amici.
L’aria è fresca in città per essere Luglio, la mente è libera, le parole mi escono meglio in queste situazioni.
Stasera mi ha colpito una cosa in particolare:
l’inganno dell’apparenza.
Appena ho visto questa bottiglia di Bourgogne blanc “Cuvée des Ormes” 2015 di Sylvain Dussort -una delle cinque etichette più brutte mai viste dal sottoscritto in tutti questi anni- l’immagine mi ha riportato ad un discount di paese, affollato, pieno di gente in fila al banco della gastronomia ad ordinare due etti di crudo dolce con una bottiglia di birra in mano ed una baguette sotto braccio.
Il bicchiere, dopo una leggerissima puzzetta di pollaio, si muove in modo del tutto inaspettato, ora carne ora agrume, ora spezia ora frutto, polposo ma sfinato, dico io: questo potrebbe tranquillamente ergersi a Mersault! Le vigne difatti, leggo successivamente, sono tutte nel suddetto comune e di età molto venerabile, 50-55 anni, che per essere un bourgogne, sti cazzi!!!
La bottiglia sembra un gallo di canto al mattino, impettita ed energica, attacca dal primo all’ultimo minuto con la voglia di farsi finire e di raccontarsi. Il sorso è disteso, salato, profondo.
Dalla miriade di troiai ricadenti sotto questa aoc, un baglio di luce inaspettato.
La “Cuvée des Ormes” di Bourgogne ha solo il prezzo.
Ne comprerei dodici bottiglie ora, all’istante!