Se oggi parliamo di Boca, il merito è anche, e soprattutto, di Antonio Cerri, che negli anni Novanta fu l’ultimo vigneron attivo in questo territorio.

Lo Svizzero Christoph Künzli, allora esportatore di vino, oggi anima dell’azienda Le Piane, rimase folgorato dalla bontà dei nebbiolo vinificati dall’anziano produttore, tanto da innamorarsene finendo con lo stabilirsi qui ed acquistare i terreni di proprietà del Cerri.

I problemi affrontati da Künzli furono molteplici, soprattutto in fase iniziale, dove la frammentazione di vigneti complicò enormemente gli atti di acquisto e lo sforzo di valorizzare un territorio di fatto ormai estromesso tra quelli atti a produrre vini di qualità, fu davvero ingente. Erano infatti rimasti solo 10 ettari vitati, quando nel secolo precedente le viti coprivano l’area per migliaia di ettari.

La particella del Cerri –Campo delle Piane– contava 5000 mq piantati negli anni Venti, e fu il primo acquisto da parte dello svizzero, a cui ne seguirono altri, fino ad arrivare agli attuali nove ettari.

 

 

Abbiamo la stessa età anagrafica, ma la sua luce brilla più delle lenti specchiate dei miei occhiali da sole.
Ci metto il naso e salto di stupore quando mi accorgo che dietro un chiaro sentore di pomodoro, sale distinta una folata di “Foille” (la nota crema per le scottature!) e lì resta per un buon quarto d’ora, il tempo di sgranchirsi e sparare a raffica lamine ferruginose, come l’arma impropria di un Predator.
Un vino per nulla intenzionato a sedersi e a scomporsi. Incalza scoperchiando un vaso cinese da cui fuoriescono, china e corteccia di pino, grafite e agrume scuro. Mi sembra di essere su una vera e propria giostra olfattiva e mi sale una spinta adrenalinica, tanto che sono pronto a gettarmi in picchiata senza timore.

 

L’ingresso in bocca è energico, vibrante, di un’eleganza sobria. Ritmato il tannino, entra appuntito per poi diluirsi in un’acidità marina. La profondità è sconcertante, non smette di stupire nemmeno dopo la deglutizione.
Io e questo vino siamo coetanei, mi ci sento legato da un sentimento di fratellanza, come fossimo figli di quell’Antonio che ci ha lasciati adolescenti entrambi e di cui adesso condividiamo un ricordo affettuoso, per quanto indiretto. Grazie.