Live Wine è la fiera dei vini artigianali più importante a livello nazionale, quest’anno resa più internazionale con la massiccia presenza di produttori provenienti da diverse zone vitivinicole europee. La Spagna e l’Austria sono state al centro della scena, essendo oltremodo scelte per rappresentare una delle degustazioni guidate durante la manifestazione.

 

Un plauso per la scelta della location, ormai designata per il quarto anno consecutivo, all’interno del meraviglioso Palazzo di Ghiaccio a Milano, dove, oltre alla luminosità naturale e gli ampi spazi, grazie alla sua struttura, gode di un’acustica particolarmente rilassante.

 

Come in tutte le manifestazioni del genere, la forbice sui vini è ampia, incontriamo il vino instabile, quello palesemente difettato, quello buono e quello che ti fa sussultare, ma poi dovrai riassaggiartelo con calma a casa prima di trarne una conclusione concreta.

 

Una cosa è certa. Ci sono quelle aziende che ti colpiscono subito, con tutta la gamma, e da lì il gioco è subito fatto.

 

Da tenere sott’occhio nei prossimi anni, di seguito, quattro giovani realtà, le quali mi hanno colpito in maniera positiva.

 

LA CANTINA DI ENZA

Montemarano. Irpinia. Un grande terroir per l’Aglianico, ma non solo…

 

Enza Saldutti inizia tre anni fa la commercializzazione delle sue prime bottiglie, difatti la 2011 è la prima annata di Taurasi imbottigliata, anche se da sempre a Contrada Torre si fa vino, per uso familiare.
Il padre conosce zolla per zolla dei 4 ha di vigneto, da cui scaturiscono circa 5000 bottiglie annue, in un patrimonio dove si può contare, oltre all’aglianico, piante centenarie di coda di volpe bianca ma soprattutto rossa, rarità per la quale il padre ha creduto fortemente.

 

I vini sono tutti contraddistinti da un’energia pazzesca, mai cotti, mai appesantiti. Presentano tannini larghi che accompagnano il sorso in una ventata ampia e decisa. Il Taurasi 2011“Padre” quando avrà assorbito quella quota di legno, diventerà …… e chi lo sa! Adesso liquirizia, cenere e cioccolato. Curioso avvicinarsi a vitigni dei quali non avevi nessun ragguaglio, la coda di volpe rossa è saporita e dinamica, piena e succosa, buoni davvero.

 

 

IL MONTE CARO

 

Altra giovane realtà, sita a Mezzane di Sotto (Vr), facente parte di un anfiteatro naturale esposto a sud, la Valle di Mezzane. A dire il vero anche i coniugi Marcolini -dopo aver acquistato dei terreni a fine anni ‘80- fanno vino da quasi trent’anni, ma sempre sotto forma di conferitori. Sono stati i figli, nel 2014, ad insistere nel vinificare le proprie uve e di conseguenza imbottigliare.

 

Cinque ettari di terreni dislocati in otto appezzamenti, dove per ogni suolo e microclima si è trovato il giusto habitat per ognuno di loro: corvina, corvinone, rondinella, croatina, cabernet sauvignon.
Una Valpolicella pensata come una volta, schietta, diretta, non caricaturale. Sono vini che si lasciano bere, dove traspare un’anima pura e goduriosa. Bella tutta la gamma, dal Valpolicella, passando per il Valpolicella superiore e chiudendo con l’Amarone. Il Valpolicella d’ingresso, abbassandolo di temperatura, potrebbe accompagnare addirittura alcune pietanze di pesce.

 

MAISON MAURICE CRETAZ

 

Nasce una nuova cantina in Valle d’Aosta. Non essendo un amante dei vini qua prodotti, mi fiondo immediatamente al banco d’assaggio, incuriosito ogni volta dai prodotti fino ad oggi tenuti distanti. Un ossimoro? Può essere.
Iniziano l’avventura da vinificatori nel 2015, in precedenza conferitori alla Cave des Onze Communes. Un lavoro di valorizzazione e custodia dei terrazzamenti valdostani e dei vitigni autoctoni, quali il Mayolet. Stiamo parlando di una realtà minuscola poco meno di due ettari vitati e circa 4500 bottiglie annue prodotte. Se il buongiorno si vede dal mattino…

 

Presentano quattro vini, due bianchi e due rossi, tutti 2016.

 

Il Blanc de Morgex rimane sulle bucce qualche giorno. Chiude molto bene sulla frutta bianca, non ha molto allungo ma piacevolezza di beva.

 

Il cavallo di razza a mio avviso è questo Petit Arvin. Salatissimo, polposo, erbette di montagna e profondità acida. Buonissimo!
“Min” da uve Maiolet. Sono presenti solo 2ha in tutta la regione. Scalpita, fugge, ritorna. Riesce a graffiare rimanendo composto. Il frutto lascia spazio a mineralità dolce, la spezia lieve chiude. Vino finto semplice.

 

“Nee” prevalenza Petit Rouge con saldo di Cornalet e Maiolet. Vino più piacione, più rotondo. Sa di mortadella che man mano si pulisce. Frutto in risalto.

 

 

MARCO CANNEDDU

 

La scia è la stessa delle precedenti cantine. Dopo aver venduto vino sfuso per anni, entra in gioco il figlio, Marco, in seguito agli studi di enologia alla facoltà di Oristano, decide di dare una svolta ed imbottigliare con il proprio nome. Oltre al cannonau, in versione rosato e rosso, dalla piccola cantina esce un vino bianco da uva granazza, varietà locale che storicamente si usava in taglio con il cannonau. La matrice di tutti i vini è la forte salinità, corroborata da agilità e pienezza. Le vigne sono tra le più alte di Mamoiada,il rosato si trova a 900 mt slm, e non fa parte di quella cerchia con nasi medicinosi e bocche molli. Potenza ma linearità senza eccessi calorici, mineralità rossa e freschezza di montagna, davvero buono.

 

 

Questi sono i vini naturali (brutta parola, lo so!) che voglio. Senza un ombra di difetto, puri e sinceri. Un’idea di fare vino che ritroviamo nei bicchieri e non solo palesata per mode. Avanti così!