“Novecento”, in questo caso, non è il monologo teatrale di Alessandro Baricco, ma bensì un angolo di alta gastronomia in una piccola provincia barese.
Siamo a Bitetto, paesotto alle pendici delle Murge, quindicimila abitanti e quindici minuti in auto da Bari, non certo battuto dal turismo, menchemeno meta gourmet. Non ci si capita per caso da queste parti, a meno che non si sbagli strada.
Vi chiederete come sono finito in questo comune del barese…
Le “spie” non fanno parte solo dell’intelligence, ma prese sotto questo punto di vista, sono determinanti nella scelta di alcuni luoghi di piacere.
Rocco Violante, chef/patron, dopo varie esperienze in Italia e all’estero, decide che il suo paese d’origine gli avrebbe regalato una qualità di vita introvabile altrove.
Nato come bistrot, aperto dalla colazione alla cena, dove la ricerca della qualità non è mai stata lasciata in secondo piano. Quattro anni fa, un cambio netto: i sogni dello chef barese si avverano, riuscendo a concentrare tutte le proprie forze ed energie sulla cucina con dettami seri.
Volte a botte, pietre a vista, piatti mediterranei che più mediterranei non si può, materia prima locale, sono queste le basi solide per staccarsi dal pensiero offuscato della maggior parte della cucina pugliese, improntata più allo street food ed alle piattate in stile piramide egizie.
La Puglia potrebbe regalare orgasmi gastronomici, se solo la mentalità dei cuochi non fosse così sciancata, andando a cercare qualcosa che non esiste. La regione offre materie prime uniche, non sfruttarle è da pazzi. Qua non stiamo a parlare di km 0 e puttanate varie, perchè in un menù, se ci sono ingredienti di qualità provenienti da “fuori”, ben vengano, ma il rispetto verso i frutti della propria terra, cosi colorati, cosi profumati, cosi veri, sono imprescindibili!
Gli chiedo quanto ci sia di folle a fare una ristorazione con certi criteri da queste parti.
Ho aperto 11 anni fa, forse è anche difficile da spiegare. Le signore del paese fanno la fila fuori per vendermi i prodotti locali, vengo a lavorare a piedi, esprimo il mio territorio in maniera spensierata. Dopo tanto girovagare ho trovato la mia realtà, non rinnegando quanto la qualità della mia stessa vita sia migliorata. Mi ritengo una persona con determinati valori, stare vicino alla mia famiglia, oggi, è alla base di tutto, altresì mi rende più libero di esprimermi.”
Una parete nella sala principale piena di vini naturali (si, l’ho detto) scelti accuratamente da Rocco in persona, il quale ci tiene a raccontare la storia di ognuno di loro, fanno da preludio al nostro pranzo.
Piatti molto ben presentati, puliti, colorati, pieni di vitalità. Il sapore è sempre al centro della scena, scandito e mai offuscato. Una cucina impreziosita dagli ortaggi, il più delle volte relegati come attori non protagonisti, ma in questo caso incredibilmente illuminati, dove apportano un quid unico.
Fantastica la melanzana, servita con una burrata fresca e della polvere di pomodoro disidratato. Tagliata a trancio, viene fritta, successivamente laccata con la soia ed infine cotta in tre step al forno. Il gioco di temperatura con la burrata è intrigantissimo. C’è ben poco da fare, le melanzane in queste zone, hanno tutto un altro sapore.
Vogliamo parlare della linguina cacio e pepe con crema di piselli e gamberi rossi? piatto simile mangiato al Bucaniere di Fulvietto Pierangelini, ma senza piselli, i quali apportano freschezza e delicatezza, smorzando l’incisività della cacio e pepe. Molto estivo.
Un altro primo piatto gustosissimo e italianissimo, visibile anche ad occhio nudo: paccheri rigati ai tre pomodori, latticello di bufala, basilico. Cottura perfetta, aromaticità in amalga alla pseudo dolcezza del piatto.
Una tartare servita al ristorante deve avere un’idea di fondo, presentata come se ne vedono migliaia ha poco senso. Il condimento altro tassello importantissimo. Quella di Rocco Violante ha personalità da vendere.
Forse l’unico piatto che non mi ha convinto a pieno. L’ingrediente principale -ricciola- non emerge, coperto da un’acidità davvero elevata, vuoi la marinatura in ceviche, vuoi la salsa, ma anche il limone era slegato al resto del piatto.
Ma che buona questa punta di petto cotta a bassa temperatura per 72 ore!! inutile raccontarvi la sua succosità e la sua tenerezza. La bietola non era per “contornare” il piatto, ma elemento, secondo me, valorizzatore.
Dessert con frutta di stagione e gelato, semplice e appagante. Cosa chiedere di più?!
N.B.
Le foto non sono in ordine di servizio. Primo e secondo piatto serviti sono stati la ceviche di ricciola e la tartare, il resto ordine cronologico.