Uno dei più importanti vini in Italia, il Brunello di Montalcino, sempre più diretto verso mercati d’oltreoceano. Questo ha un impatto a livello economico fuori scala, dove i prezzi corrono sempre più veloci, per fortuna con più consapevolezza di gusto rispetto agli anni passati. Un consorzio che punta una comunicazione massiva tramite la stampa estera, la quale si pensa che conosca il nome di tutti i fossili presenti nella collina di Montosoli e le diverse arenarie dai Canalicchi fino a S.Angelo in Colle.
Una luce stupenda che illumina le mura medievali, offuscata dalla scomparsa -proprio durante il secondo giorno di Benvenuto Brunello- di uno dei vignaioli più iconici, non solo di Montalcino, ma dell’intero stivale, Gianfranco Soldera. Uomo non certamente accomodante, che ha cambiato e issato il Brunello nel Mondo con alcuni capolavori di bellezza assoluta.
Veniamo alle nuove annate.
Due annate agli antipodi la 2017 e la 2014: calda e siccitosa la prima, fresca e piovosa la seconda.
I rosso di Montalcino 2017 mostrano tutto il calore possibile e immaginabile, nasi con frutta stramatura, bocche goffe, dolci e asciutte.
Capitolo Brunello 2014.
Se cercate i vini parkerizzati, cambiate strada. Tutti a parlare, come giusto che sia, di vini con meno polpa (eggrazziealcà), profili aromatici più sobri (eccepòsta), meno intensità e profondità (eccepòristà). Ma per quanto riguarda il sottoscritto, il vero problema riscontrato in diversi vini è stato l’equilibrio tra alcol (causa primaria) e acidità, queste due ultime componenti scisse l’un l’altra, poco integrate all’esile materia del vino. Come solito i bicchieri parlano e le storielle se le porta via il vento: maggiori concentrazioni (ecchevvòiconcentrà) rese del 79% in meno (avòglia) mega diradamenti (quacecredodeppiù). La mano di chi ha avuto paura si è sentita, eccome. I tagli con altre annate, concessi da disciplinare, in un’annata come la 2014, sarebbero dovuti essere cesellati, ma la ricchezza della 2015 ha preso il sopravvento. I vini devono essere figli dell’annata, ci sono delle espressioni nitidissime di sangiovese in questa 2014, più territoriale che mai, vini di gran sapore, finanche salati. Qualche produttore ha deciso di nom uscire con il brunello, declassando tutto nel rosso, altri non hanno fatto i cru, facendo un brunello unico. A parte tutte le pippe mentali, in generale non vedrei questa grossa tragedia, di vini buoni ce ne sono. Se siete dubbiosi sulla tenuta nel tempo, tranquilli, tanto i vini che durano mezzo secolo non esistono più.
Sono state presentate anche le riserve 2013, che si confermano figlie di un’annata di grande tensione, dallo sviluppo dinamico e molto fine.
Rosso di Montalcino 2017:
Canalicchio di Sopra
Uve provenienti solo dalle vigne dei Canalicchi. Ha freschezza balsamica al naso e spinta minerale in bocca, la quale fa venir sete, pieno si, ma di succo, con un frutto che non rimbomba.
Baricci
Capolavoro di vitalità assoluta. Roboante come la rossa di Maranello, ma al tempo stesso slanciato come Adriana Lima. Frutti rossi e fiori dolci amnaliano, in un sorso di pura goduriosità.
Fornacelle
All’uncinetto. Equilibrio e succo, frutto maturo al punto giusto, estrazione tannica al limite della perfezione, avvolge e colora. Buono!
Brunello di Montalcino 2014:
Fattoi
Frutti rossi piccoli, fer de sang, mare. Una finezza atipica per questo vino, sempre molto generoso, ma lode a chi ha cercato di portare nei bicchieri la 2014, che personalmente preferisco in questa versione. Palato riempito di sapore e manco per niente slavato. Benissimo!
Caprili
Naso soffuso, da cercare, ma che risulta molto stratificato. Lievi spezie miste a bacche di goji ed erbe aromatiche, una mineralità terrosa a chiudere il quadro. Allunga in maniera decisa, impettito come un soldato, sporcato solo sul finale da un tannino lievemente indietro di maturazione.
Marroneto
Luminoso e scalpitante. Fiori di mille colori, ciliegia e sandalo. Un sorso disinvolto sui binari centrali del palato.
Paradiso di Manfredi
Uscirà fra due anni sul mercato. Vino autentico che racconta la propria terra, e sono le sue imperfezioni a renderlo unico. Arancia sanguinella, conchiglie, pelle. Una bomba di sapore, dove il frutto esplode foderando il palato, aiutato dalla dolcezza dei tannini che lavorano dietro le quinte.
Fattoria il Pino
Sempre molto delicati i vini di Jessica. Il rischio poteva essere di trovare un vino slavato, ma manco per niente! Rosmarino e agrume, iodio e frutto delicato. Una trama che avvolge, lo perdiamo per qualche secondo ma poi ritorna tutto in vibrazione. Vino divertentissimo, con tannini morbidi e cesellati.
Albareti
La sincerità fatta Brunello. Boschivo, di resina e di polpa. Un grip riscontrabile solo in un altro vino pari annata. Frutto ora rosso ora nero. Una delle vigne più belle di tutto l’areale. Già da un paio di anni una delle migliori interpretazioni di sangiovese.
Baricci
È forse il Brunello più indietro di tutti. Ha un’anima d’antan, serrato e acido da morì. Uno sviluppo in questo momento solo pensato, ma tu che pensi della 2014 da bere entro pochi anni: bevi Baricci e poi muori.
Piombaia
Sono sempre stati vini pieni di vitalità, ma con qualche difettuccio di troppo. Oggi, per quanto mi riguarda, i vini di Francesco, hanno trovato una quadra inarrivabile. Bellissimo frutto vivo, agrume, grip e sapore. Una sostanza mai doma, che riempie ma scorre. Una vena minerale, salata, chiamatela come volete, sicuramente uno degli assaggi più convincenti di tutta la manifestazione.
Poggio di Sotto
Non saranno i vini di cui ci aveva abituato Palmucci, ma questa versione me la prenderei volentieri. Frutto paradossalmente candito, mandarino con lieve nota boise. La volatile timbro di fabbrica che veicola un sorso aereo, dinamico e salubre.
Le Ripi
Al contrario delle precedenti uscite, dove l’iper estrazione dilaga, questo è scarico ma non scarno, definito e salatissimo. La volatile è un surplus, mai denigrarla, una sottigliezza agrumata ed un frutto saporito a contorno. Riesce a distendersi con la leggerezza dei grandi vini.
Uccelliera
Anche questo vino, solitamente scuro e “ciccio”, in questa versione si mostra in sottrazione e definizione, agrume e sandalo, il frutto sfugge un filo, ma ha sale e tannino maturo.
Ragnaie VV
Riccardo Campinoti tira fuori dal cilindro (già uscito due anni fa) un capolavoro assoluto. Un Brunello declassato a rosso che sussurra. Ha più spalla del fratellino “Petroso”, ma non solo. Tannino saporito e succo da perder la testa. Una bottiglia non basta. Sorso pericolosamente inarrestabile.
Brunello di Montalcino riserva 2013
Canalicchio di Sopra
Uve provenienti tutte dalla collina di Montosoli. Vino profondo e sottile allo stesso tempo. Un filo di alcol ancora leggermente slegato dal corpo del vino che si assesterà col tempo. Un frutto rosso definito, menta fresca, tabacco e salsedine. Coerenza gusto/olfattiva lineare, il sale che si inserisce a grana larga, slanciandosi verso l’infinito.
Sesti “Phenomena”
A differenza delle ultime uscite, dove il legno e l’estrazione massiccia coprivano di fatto il sangiovese e ossidavano il frutto, questa riserva sembra parlare un’altra lingua. Fiori e agrumi, nitidezza del frutto e spezia calda. Alcol integrato molto bene, finezza del tannino e sapore di sangiovese.
Marroneto “Madonna delle Grazie”
Prima uscita per la versione riserva, solo in magnum.
Energico e martellante, fitto e unito. Ad oggi risulta tanto serrato, possiamo solo immaginare dove possa arrivare.
Gianni Brunelli
Polpa, balsami e schiettezza. Vino molto coeso, dove le forze dinamiche virano all’equilibrio costante. Niente sbavature e finale ordinanato.