Mont Benault se la sono scelta, Mai e Kendji Hodgson. Giapponese la prima, Canadese il secondo, trasferitisi dal Canada, dove si sono conosciuti.
Kendji ha iniziato ad avvicinarsi al mondo dei vini naturali in Giappone, dove si forma in una piccola tenuta, iniziando a tastare il terreno.
Tornato in Canada conosce Mai e poco dopo decidono di lasciare Vancouver per una vacanza/lavoro ed un sogno in testa, fare vino in Francia.
Il viaggio risulta essere di sola andata.

È il 2010 quando acquistano il primo appezzamento di grolleau a Rablay-sur-Layon, grazie a Mark Angéli, non proprio l’ultimo della classe, dal quale hanno fatto la loro prima vendemmia appena arrivati.

L’ anno successivo acquistano 3 consistenti ettari, i quali iniziano a dare una forma all’azienda.
Nel frattempo continuano a lavorare da quelli bravi, per imparare, uno tra tutti: Benoit Courault.

Oggi posseggono 4 ettari che negli anni sono molto cambiati, tra vendite, nuovi acquisti, scadenze e nuovi affitti. I loro vigneti si trovano tutti tra Rablay-sur-Layon e Faye d’Anjou.

Le uve che compongono questa cuvée “Faia” provengono da varie parcelle, la più grande 0.9 ettari -Clos des Grands Champs- si trova nel bel mezzo di tre climat più conosciuti (vinificati proprio da Courault) Gilbourg-Guinechiens-Haut Mont.
Le piante di 40 anni poggiano su di un suolo dalla doppia stratificazione: la parte superiore è la classica roccia mista scisto-arenaria di Faye d’Anjou, più in basso le radici pescano da un terreno formatosi molto prima, di origine vulcanica, ricco di spilite.
In cantina il lavoro è tradotto al minimo indispensabile, per far si che i vini siano la fotografia di questa zona. Fermentazioni spontanee molto lente e molto lunghe (a volte superano anche un anno!) e se lo ritengono non viene aggiunta solforosa in nessun passaggio, come in quest’annata.

Amaro come un liquore alla genziana, appena aperto. Lasciato “sbollire” tutta la notte e scaraffato al momento del pranzo, ergo:
ha bisogno d’aria!

Quello che sconvolge di questo vino è la semplicità con cui si pone -essendo molto complesso- il suo fare è bonario, trasparente e leggiadro. Quelle punte di erbe amare sono sempre presenti ma in un contesto del tutto diverso. Stanno li e stanno bene dove sono.

C’è un po’ di volatile?
Si, e sta bene così com’è.

Una sventagliata di pepe e di pera, di ostrica e di campagna. Sa di Loira e sa di Jura, ultimamente sento sempre più somiglianze, in alcuni vini. Non cerca scorciatoie; si comporta come i grandi, si apre e si richiude nell’arco di venti secondi.

È un vino che NON chiama la temperatura fredda, da servire come un rosso, in un calice da rosso.

Vino poliedrico, in grado di passare in un nano secondo dall’ essere una lama ad aver peso in bocca, ma senza mai pesare. Profuma di limone per qualche secondo, poi il limone non lo risenti più. Così, come gli va.
Io quando bevo questi vini mi gaso da morì.

Mai et Kenji Hodgson
Vin de France “Faia” 2018
100% chenin blanc